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Benedetta Folini: Quando il pensiero diventa immagine

Categoria: Storie Vincenti

Ciao! Innanzitutto, raccontaci un po’ di te. Dopo il liceo, cosa ti ha spinto a scegliere una strada vicina al mondo dell’arte, allontanandoti dal percorso di studi intrapreso?

Ciao! È un piacere avere questa opportunità. Mi chiamo Benedetta, ho 20 anni e la mia più grande passione è esprimere la mia creatività in ogni modo possibile, soprattutto attraverso il disegno. Vorrei poter dire che la mia è una “storia vincente”, ma in realtà è ancora tutta da scrivere!

Mi sono diplomata al Liceo delle Scienze Umane, anche se con fatica: lo studio rigido non è mai stato il mio forte. La psicologia e le scienze umane mi hanno sicuramente aperto la mente e offerto una lente diversa con cui guardare il mondo, ma non era qualcosa a cui desideravo dedicare le mie giornate. L’arte, invece, era già dentro di me—tutti se ne erano accorti, tranne me. Disegnavo in ogni momento libero: tra i banchi, durante le lezioni... era l’unica cosa che facevo con vera costanza.

Dopo la maturità, ho capito finalmente che disegnare era ciò che davvero volevo fare. Non volendo fare scelte affrettate, mi sono presa un anno di pausa. Oggi lavoro, anche per potermi permettere gli strumenti e le risorse artistiche di cui ho bisogno, e nel frattempo sto pianificando concretamente il mio futuro, costruendo passo dopo passo un percorso che mi avvicini ai miei sogni.

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Cosa ti ha fatto capire che l’arte e l’illustrazione erano la tua vera passione? C’è stato un momento o un evento in particolare?

Disegno da sempre, a volte con più impegno, altre solo per svago, ma è una costante della mia vita. Finché i miei lavori restavano solo schizzi nel quaderno o ritratti nascosti in un cassetto, non ci pensavo troppo: lo facevo e basta. Ma poi ho iniziato a confrontarmi con il mondo dei social, scoprendo che esistono tantissime persone che provano la mia stessa gioia nel creare.

Ho capito che oggi vivere d’arte non vuol dire per forza stare per strada con un cavalletto sperando in un’occasione fortuita. C’è un mondo che cerca creatività autentica, qualcosa che porti valore in una realtà dominata dalla superficialità e da una soglia dell’attenzione sempre più bassa.


Che tipo di arte realizzi principalmente? Quali temi o stili ti affascinano di più?

Lavoro con tecniche sia digitali che tradizionali. Il mio stile si basa su forti contrasti, distorsioni visive e attenzione al dettaglio espressivo. Il soggetto principale delle mie illustrazioni è la figura umana, che rielaboro in chiave surreale e non convenzionale. Più che rappresentare il reale, cerco di dare forma a ciò che non esiste: identità ibride, forme deformate, colori saturi.

Anche nella fotografia, che pratico saltuariamente, la post-produzione è fondamentale: non mi interessa rappresentare la realtà, ma quello che sento. Mi affascinano molto i volti, soprattutto se stravaganti: li trasformo in caricature che mettono in risalto imperfezioni e fragilità. Il mio lavoro ha una vena di satira visiva e una forte valorizzazione dell’imperfezione. Allo stesso tempo, amo le atmosfere psichedeliche, gli immaginari cyberpunk e l’illustrazione fantastica. Mi piace spingermi nell’eccesso: colori acidi, texture elettriche, composizioni destabilizzanti.


Come nasce una tua illustrazione? Hai un processo creativo definito?

Il mio processo creativo è tutt’altro che lineare. Di solito, tutto parte da uno stimolo improvviso: un’immagine, un suono, un’idea. Non ho quasi mai un obiettivo preciso all’inizio. Mi lascio trasportare, non razionalizzo: è come se si aprisse una porta nell’inconscio e tutto fluisse da lì. Penso che questa porta sia accessibile a tutti, ma solo quando si è immersi in ciò che si ama davvero.

Uso sia strumenti digitali che tradizionali, in base a ciò che mi ispira di più al momento. La parte iniziale del lavoro è piuttosto veloce—quando inizio, non riesco a fermarmi finché non ho buttato giù la base dell’opera. La vera sfida arriva dopo: la fase di rifinitura può richiedere anche mesi. Continuo a riguardare, modificare, aggiungere, togliere… finché non sento di aver trovato il giusto equilibrio. Ed è anche per questo che non pubblico spesso: i lavori a cui tengo davvero hanno bisogno di tempo e dedizione, molto più di quanto richieda una semplice condivisione online.


Ci sono artisti o correnti che ti hanno influenzato? Come trasformi queste ispirazioni in qualcosa di personale?

Non ho riferimenti fissi. Trovo ispirazione un po’ ovunque: nell’arte del presente, più che in quella del passato. Mi affascinano le opere spontanee più che quelle tecnicamente perfette. Mi piacciono l’atmosfera e la delicatezza di Fragonard o Spitzweg, ma anche l’impatto visivo di Banksy. Prendo un po’ da tutto e lo rielaboro secondo il mio gusto e la mia sensibilità.

Amo mescolare elementi contrastanti: ad esempio, graffiare su una tela dai toni delicati. Osservo anche molto la comunicazione visiva attorno a me—pubblicità, copertine, poster—e cerco di reinterpretarli nel mio stile.


Affrontando il mondo dell’arte da indipendente, quali difficoltà hai incontrato?

Le difficoltà non mancano, soprattutto nella fase finale del processo creativo. Non sono sempre insoddisfatta, ma ciò che creo è una parte di me, e questo mi rende vulnerabile. Viviamo in un’epoca in cui l’arte è ovunque, e il confronto con chi ha più tecnica, strumenti o visibilità è costante.

So che ogni opera ha valore solo per il fatto di esistere, ma pretendo sempre molto da me stessa. Ho paura che le logiche del mercato possano un giorno corrompere la mia autenticità. Creo per me, perché mi fa stare bene, ma temo di iniziare a farlo per compiacere gli altri, per vendere o per “funzionare”.

In quei momenti, scelgo di fermarmi. Mi isolo, spengo i social, e torno a creare solo per me stessa. È il modo migliore per ritrovare il senso di ciò che faccio. E per ora, funziona.


Come ti immagini tra cinque o dieci anni? Hai progetti o collaborazioni a cui aspiri?

Tra cinque o dieci anni spero di tornare ad essere come ero da bambina: creativa, spontanea, senza paure o filtri. All’epoca disegnavo e creavo con naturalezza, senza preoccuparmi di cosa pensassero gli altri.

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Crescendo, come succede a molti, ho iniziato ad avere paura di mostrarmi per ciò che sono davvero. Oggi più che mai sento il bisogno di ritrovare quella libertà interiore. Più che progetti precisi, desidero continuare a coltivare la mia autenticità. E magari, lungo la strada, incrociare collaborazioni che rispecchino davvero ciò che sono.

Al momento stai lavorando su qualcosa di specifico? Raccontaci un po' di più su ciò a cui stai dedicando il tuo tempo in questo periodo.

Attualmente mi divido tra lavoro e produzione artistica, cercando di sfruttare i momenti liberi per studiare, approfondire ed esplorare nuove modalità di rappresentazione, con un’attenzione particolare verso l’animazione, il graphic e il motion design.
Parallelamente, sto lavorando alla costruzione di una presenza online più strutturata e intenzionale.

Un progetto a cui tengo molto è l’apertura di un mio e-commerce per la vendita di stampe e quadri, ma ho scelto consapevolmente di rimandarne il lancio per poterlo sviluppare in modo solido, curato e sostenibile.


Cosa speri che il tuo pubblico percepisca o provi quando guarda le tue illustrazioni? Qual è il messaggio o l’emozione che vuoi trasmettere?

Non credo di voler trasmettere un messaggio unico o universale, anche perché non penso che l’arte debba necessariamente avere una morale o una risposta.

Quello che spero, piuttosto, è che chi guarda le mie illustrazioni si senta coinvolto in qualche modo. Le mie immagini non vogliono essere belle nel senso canonico del termine, vogliono essere vive, storte, amplificate.
In fondo, per me disegnare è un modo per liberare ciò che ho dentro senza doverlo spiegare a parole. Voglio che il mio pubblico si faccia delle domande, anche se poi, forse, non avranno risposta.


In che direzione pensi che si stia evolvendo l'arte, soprattutto in un mondo sempre più digitale? Quali opportunità vedi per te in questo contesto in continua evoluzione?

Credo che l’arte stia andando sempre più nella direzione di un dialogo tra tradizione e innovazione, e questa evoluzione mi affascina.

Viviamo in un’epoca in cui i mezzi digitali offrono possibilità praticamente infinite, e tra questi l’intelligenza artificiale è uno degli strumenti più potenti. Per me, l’AI è come un braccio operativo al nostro fianco, non un nostro sostituto.
Può produrre risultati visivamente straordinari, ma lo fa sempre attingendo a ciò che l’essere umano ha già creato e condiviso. Non ha un’intenzione, un’emozione, una visione autonoma.

L’arte, per me, non è solo estetica, ma anche pensiero, emozione e presenza. Se questi elementi restano centrali, la tecnologia può diventare davvero uno strumento di ampliamento espressivo, capace di portare la nostra immaginazione ancora più lontano.

In questa continua evoluzione, vedo un’enorme opportunità: quella di esplorare nuovi linguaggi visivi, fondere le arti, contaminare i media.

E spero di poter contribuire a questo processo, con un approccio personale e consapevole, in cui l’umanità non venga mai meno, ma anzi trovi nuovi modi per emergere.


Perché hai scelto proprio l'arte come strumento per esprimerti? Cosa ti dà la creazione di illustrazioni che altre forme di espressione non ti potrebbero dare?

Per me, l’arte è un gesto originario: è creare qualcosa dal nulla, dare forma visiva a un pensiero, un’intuizione, una sensazione.

È la possibilità di generare uno stimolo visivo partendo da zero, un atto intimo e un linguaggio che arriva prima delle parole.

Ogni volta che disegno, ogni linea tracciata, ogni colore scelto, è una decisione che parla di me. Anche quando provo a nascondermi, anche quando mi rifaccio a qualcosa di già esistente, inevitabilmente lascio un’impronta.

Perché l’arte è spietata in questo: ti espone, e io spesso ho bisogno di qualcosa che parli per me.
Tuttavia, credo che il completamento ideale di un progetto avvenga quando riesco a intrecciare più forme espressive: quando immagine, suono e movimento si fondono per raccontare una visione o trasmettere un’emozione.


C'è qualche consiglio che ti senti di dare a chi, come te, potrebbe essere indeciso se seguire la propria passione o intraprendere una strada più convenzionale?

Non mi sento di dare consigli, ma bensì, se qualcuno ne ha in riserbo per me, sono ben accetti!!!


Dove possiamo seguirti?

Instagram: @benedettafolini
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Contatti e informazioni

+39 349 31 46 663

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